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Garda Events

Garda Events (95)

Gli eventi dedicati all’ arte, alla cultura, al life style, all’ enogastronomia e al territorio che Radio Garda Fm, con una cronaca dettagliata dei fatti, ha scelto di seguire per Voi. La Prima Radio del Lago di Garda… è sempre in prima fila.

Dopo due anni dal suo ultimo sold out nella stessa magica location, Pat Metheny ritorna all’anfiteatro del Vittoriale di Gardone Riviera e apre così il suo tour italiano dopo aver toccato già Portogallo, Spagna e Germania.

Due ore e mezza di vecchi successi rivisti e brani nuovi, composti appositamente per l’inedito ensemble di giovani musicisti che lo sta accompagnando lungo l’Europa: la fedele contrabbassista Linda May Han Oh, il virtuosissimo batterista Antonio Sanchez e il pianista Gwilym Simcock.

Attenti e rigorosi, sono un tutt’uno con le quattro chitarre usate da Metheny durante il concerto e sembrano conoscere alla perfezione ogni intenzione del genio del Missouri, che si affianca ad ognuno di loro in tre lunghi duetti finali ad esaltare il virtuosismo del singolo.

Il repertorio è quello della Pat Metheny Group, ben alternato a brani di Bright Size Life (allora registrato con Jaco Pastorius e Bob Moses) e Secret Story, album in cui il chitarrista è anche compositore e arrangiatore.

E anche se Metheny si ama considerare più interessato al lirismo che ai virtuosismi, non pochi sono i momenti di inarrivabile espressione tecnica e così, in duo con la precisissima contrabbassista australiana di origine malese, ripropone al pubblico del Vittoriale il “dialogo” chitarra-basso di Question and Answer.

Quello del quartetto di mercoledì 18 luglio è un concerto voluto per il gusto di suonare dal vivo: forse in autunno arriverà a essere un album ma niente di sicuro. “Un giorno credo che mi trasferirò qui”, dice Metheny a un pubblico di fedelissimi, che - trasportati dalle note amiche di Last Train Home - accettano di buon grado il divieto dell’artista di usare telefoni cellulari per qualsiasi scopo durante l’intero live.

La rassegna del Festival Tener-A-Mente continuerà al Teatro del Vittoriale di Gardone con Vinicio Capossela (21 luglio), Norah Jones (24 luglio), Marcus Miller (25 luglio), Anna Calvi (30 luglio) e Yann Tiersen (31 luglio).

Un’apertura di tutto rispetto quello della quattordicesima edizione di Note in Villa 2018, manifestazione organizzata dall’Associazione Amici della Musica in collaborazione con il Comune di Castelnuovo del Garda.

E’ toccato a Vanessa Tagliabue Yorke inaugurare lo scorso giovedì 28 giugno il primo dei cinque eventi musicali che anche quest’anno verranno ospitati nelle belle ville e corti storiche del territorio: a Palazzo Cossali Sella, la cantante e poliedrica artista era accompagnata dai musicisti che da due anni sono con lei nel progetto dedicato alla figura di Annette Hahnshaw (il clarinettista Francesco Bearzatti, il trombonista Mauro Ottolini e il pianista Paolo Birro,anche co-ideatore insieme alla Tagliabue del disco “We like it hot”).

Scongiurando la pioggia e schivando i moscerini, la Tagliabue Yorke ha ricostruito filologicamente il contributo di Annette Hahnshaw alla musica jazz degli anni Dieci e Venti, restituendolo al pubblico di Note in Villa con la sua voce calda e sicura: da “Am I blue” a “Little white lies” passando per il ritmo black bottom di “Don’t take that black bottom away” e a ballad come “Moon song”.

L’edizione 2018 di Note in Villa, sotto la direzione artistica del Maestro Emir Saul, prosegue alle ore 21:15 di tutti i prossimi quattro giovedì di luglio: giovedì 5 luglio alla Corte Fenilon della frazione di Oliosi con il tributo di Anthony Roccolano a Pino Daniele, giovedì 12 luglio a Corte Castelletti di Cavalcaselle con il folklore sudamericano dei Pampa Brass Quintet, giovedì 19 luglio a Villa Borgognoni-Tommasi (Sandrà) con la Ziki Paki Band e il suo varietà anni Venti. La rassegna chiuderà giovedì 26 luglio a Villa Tantini (Oliosi) con la Eusebio Martinelli Gipsy Orkestar.

 La diretta radio delle cinque serate è a cura di Radio Garda Fm, media partner di Note in Villa 2018.

Appuntamento ormai consolidato con L'Estate Teatrale Veronese, è il Verona Jazz Festival, rassegna organizzata dalla Imart - International, Music and Arts,  che vede quest'anno battezzare la 45° edizione.

Il Verona Jazz Festival 2018 al Teatro Romano, ha ospitato nomi noti del panorama musicale italiano e internazionale, come Paolo Fresu e Chano Dominguez, Peter Cincotti, Gianluigi Troversi e Gianni Coscia, Massimo Ranieri, Dave Holland Trio, cercando di coinvolgere non solo gli appassionati del genere ma anche di avvicinare un target di pubblico diverso.

Dopo i sold-out del tour di dicembre, Peter Cincotti torna in Italia proprio sul palco del Verona Jazz Festival 2108 in un escursus musicale dalle origini fino al nuovo album "Long Way From Home" uscito a ottobre 2017.

Cantautore e pianista, nasce a New York nel 1983 da una famiglia di origini italo-americane.

L'album d'esordio raggiunge la vetta della classifica jazz Billboard. Un percorso musicale che lo ha visto collaborare con artisti di vario genere da Andrea Bocelli a David Guetta.

L'ultimo album "Long Way From Home", ha visto “luce” dopo due anni di lavoro ed è stato scritto, arrangiato e prodotto dallo stesso Cincotti. E' sicuramente la produzione più intima del musicista e influenzata dai ritmi pop "Mai prima d'ora ho usato il pianoforte in questo modo. Alcuni anni fa ho iniziato ad avere delle idee per un album che portasse un pianoforte più attivo, più ritmico nel paesaggio della musica moderna".

Il concerto ha visto alternarsi di ballads a ritmi pop con richiami alle sonorità blues e jazz, particolarità della scrittura musicale di Cincotti, che lo fa apprezzare a un vasto pubblico.

Il la dell'Estate Teatrale Veronese 2018, nella splendida cornice del Teatro Romano, è stato dato dalla sesta edizione del Rumors Festival - Illazioni Vocali 2018.

Manifestazione incentrata sulla voce e alle sperimentazioni vocali, organizzata da Imart - International Music & Arts, direzione artistica di Elizabetta Fadini, inaugurata il 31 maggio con la cantante israeliana Noa, che ha presentato brani del nuovo album "Love medicine".

Un duo d'eccezione quello formato da Peppe Servillo, cantante, attore cinematografico e teatrale,frontman degli Avion Travel e Danilo Rea, uno dei pianisti jazz italiani più apprezzati al mondo, che con "Io te vurria" hanno fatto omaggio alla musica e alle canzoni della tradizione napoletana in chiave jazz.

Peppe Servillo, perfetto istrione dall’ intensa interpretazione, spiega e interpreta i testi più poetici della canzone tradizionale napoletana: Murolo, Carosone, Bovio e particolare tributo a Domenico Modugno con"Tu si 'Na Cosa Grande".

"Je Te vurria Vasà", "Reginella", "Era De Maggio", "Dove sta Zazà", "Te voglio bene assaje", "Monastero 'e Santa Chiara" si susseguono, mentre il pubblico segue le note e canta, come in una festa, le arie più belle dalla canzone italiana nella notte lungo l’Adige.

Ultimo appuntamento della manifestazione il 25 giugno con Steven Wilson, chitarrista e produttore prog-rock, con "An evening with".

Organizzazione perfetta.

“Evviva! Filosofia e musica!”: è l'esclamazione di Ludwig van Beethoven citata da Massimo Cacciari durante la sua lezione-teatro al Festival della Bellezza 2018 e che meglio descrive il tentativo del professore veneziano di spiegare al folto pubblico del Teatro Filarmonico il rapporto simbiotico e necessario tra composizioni musicali romantiche e estetica.

Un tentativo ben riuscito forse soprattutto per gli appassionati e gli studenti presenti in sala, sostenuto dalla bella retorica e dalla divertente pronuncia veneta di Cacciari, che è sembrato inizialmente impacciato ai suoi primi passi sul palco dello storico teatro gremito.

Un inedito viaggio per ripercorrere l'evoluzione della filosofia tra Ottocento e Novecento, da Kant a Schopenhauer passando per Hegel.

Una lezione in musica quella di Cacciari che ha regalato anche al pubblico meno preparato un'idea nuova del ruolo della musica: “quando, dopo il Bello, interviene il Sublime, la parola non basta più perché il Sublime parla della destinazione ultrasensibile dell'Anima”.

Ecco allora che solo la musica può descrivere l'infinita nostalgia (unendliche Sehnsucht) dell'uomo romantico, solo di fronte alla Natura fuori e dentro di sé.

Rari gli interventi della pianista Ilaria Loatelli, che si è esibita con il primo e terzo movimento de “La Tempesta” di Beethoven e in un “Improvviso” di Schubert.

“Festival della Bellezza”: una concezione alternativa dello spettacolo

"Alla fine il nostro corpo rivestirà la bellezza dell'anima. L'anima si rivestirà della bellezza dello spirito." (Gianfranco Ravasi)

La V edizione del Festival della Bellezza, nella splendida cornice dei Giardini Giusti, per la sezione dedicata ai Maestri dello Spirito, ha visto sul palco l'attore Luigi Lo Cascio e la pianista Gloria Campaner, che hanno presentato "L'anima russa, Esenin e Rachmaninov", un reading-concerto su Sergej Aleksandrovič Esenin(1895-1925) e Sergej Vasil'evič Rachmaninov (1873-1943).

Esenin celebre poeta russo che, nonostante fosse profondamente legato alle sue radici contadine, si innamorò e sposò Isadora Duncan, danzatrice statunitense, restandole a fianco anche nelle sue tournée in Europa e negli Stati Uniti.

L'ambiente della Duncan e la barriera linguistica uniti alla lontananza sofferta minarono psicologicamente il poeta soggetto spesso a crisi di rabbia e abuso di alcolici. Il matrimonio, celebrato nel maggio del 1922, vide il suo epilogo con il ritorno a Mosca di Esenin, nel maggio 1923.

Luigi Lo Cascio, attoreconosciuto al grande pubblico per le sue interpretazioni cinematografiche nel cinema d’autore, interpreta Esenin in modo magistrale, studiando con attenzione, parole, inflessioni e stato d’animo del poeta russo. Al pianoforte Gloria Campaner, un vero talento, poliedrica e sensibile interprete che riesce a entrare nelle “ottave” Sergej Vasil'evič Rachmaninov in modo magistrale.

Due personalità difficili e combattute quelle di Esenin e Rachmaninov, simili anche nei percorsi di vita e le cui opere esigono uno studio approfondito e una interpretazione sopra le righe.

Esenin esprime attraverso Lo Cascio il rimpianto di una Russia cambiata non più vicina ai ricordi, all’ infanzia e alla famiglia, un tormentato senso di colpa per aver lasciato la sua terra come in "Ei tu Rus', amata mia", "Confessioni di un teppista", "L'uomo nero".

Un reading ben articolato che la pioggia ha interrotto a pochi minuti dal termine, le lacrime di Esenin?

Anche in questo caso organizzazione ineccepibile quella del Festival della Bellezza (IDEM)

Nel 2012 Ivano Fossati aveva giurato che non avrebbe più suonato dal vivo. E così ha fatto.

All'edizione 2018 del Festival della Bellezza, Fossati è con il giornalista Massimo Bernardini per presentare il lavoro di recupero dei nastri di Giorgio Gaber, attraverso un lavoro di ingegneria del suono che ha dato vita all'album “Le donne di ora”, titolo anche di un brano inedito dell'artista milanese scomparso nel 2003.

Fossati attraversa il palco del Teatro Romano di Verona a passi lunghi e parla al pubblico come un appassionato professore farebbe ai suoi studenti, ripercorrendo la discografia di Gaber nel contesto dell'Italia degli ultimi cinquant'anni.

Una lezione di storia della musica costruita da Massimo Bernardini – anche biografo di Giorgio Gaber – come un dialogo tra le canzoni del cantautore scomparso e i brani più significativi di Ivano Fossati.  A cominciare da “Ciao ti dirò”, brano del 1958 e disco che inaugura la carriera discografica di Gaber e la nascita della Dischi Ricordi: accreditato come il primo rock 'n roll italiano eppure suonato con stilemi jazz, “certifica – racconta Fossati – l'anomalia rappresentata da Gaber nel mondo della musica italiana”.

Anche la più famosa “Non arrossire” è stata fatta rivivere grazie alle tecniche digitali, restituendo così tutta la modernità dell'arrangiamento, la compattezza della sessione ritmica e la novità dei violini. “Non sono solo canzonette”, insomma, quelle di Gaber prima della nascita del signor G, ma opere di professionisti della musica, come Iller Pataccini per Gaber e Davide Martini per Fossati.

Con “Le strade di notte” del 1962, Gaber conferma la sua essenza avanguardista e per il testo usa parole che appartengono più alla letteratura che alla musica di quegli anni in Italia. Si apre così la strada per il teatro-canzone e per le collaborazioni importanti con professionisti della musica e artisti come Luporini, Simonetti e Casellato e per i recital con Mina, che nel 1970 affianca il signor G e lo farà conoscere al pubblico teatrale.

“Faticoso – racconta Fossati – è stato anche il recupero del nastro di “Com'è bella la città” (1968), amaro racconto per paradossi del mito del progresso e della città come promessa finita.

Un lavoro di remastering dei file digitali che Bernardini chiama scherzosamente “trattamento Fossati” e che al pubblico del Teatro Romano riserva l'ascolto dell'inedito “Le donne di ora”, completamente ricostruita da Fossati intorno alla bellissima voce di Giorgio Gaber.

“Sono le canzoni di una volta che ci illuminano, come dei piccoli miracoli e quello che fa di un musicista un grande artista è la sua natura intuitiva di anticipatore: negli anni sessanta e settanta la discografia era più illuminata ma non perché gli artisti fossero migliori!”.

Fossati non rimpiange i bei tempi né si chiude a retrospettive narcisistiche ma lascia aperta la porta ai giovani che fanno musica e che all'Università di Genova lo chiamano professore, mentre aspettano di rivederlo sul palco con la chitarra e la band.

"La bellezza non rende felice colui che la possiede, ma colui che la può amare e desiderare" (Herman Hesse)

Dal 27 maggio al 10 giugno 2018, Verona ospita la quinta edizione del Festival della Bellezza, una manifestazione che offre spunti di riflessione sulla bellezza intesa non tanto in senso oggettivo ma come espressione racchiusa nelle opere di grandi artisti.

Le locations, scelte non a caso COME il Teatro Romano, il Teatro Filarmonico e uno degli esempi più belli di giardino all'italiana Il Giardino Giusti.

Tema di questa edizione sono gli anni '60 e '70; anni di fermento culturale e artistico, con particolare attenzione al fenomeno della canzone d'autore.

Il secondo appuntamento sul palco del Teatro Romano, per l'occasione sold-out,è stato con Gino Paoli classe 1934, primo interprete della canzone d'autore che, con gli Amici della Scuola Genovese, ha dato il via al connubio tra il testo poetico e la musica,accompagnato dal Trio Kàla: Rita Marculli al pianoforte, Ares Tavolazzi al contrabbasso, Alfredo Golino alla batteria.

"Paoli canta Paoli"questo il titolo del concerto il giusto concentrato di tutta la serata.

Gino Paoli e il suo essere distaccato dal mondo pur essendone interprete dei sentimenti, un racconto malinconico di chi ha già vissuto una vita e ora non deve chiedere permesso a nessuno, sul tempo trascorso, sui ricordi che sbiadiscono e sulla consapevolezza che "di te resta cosa hai dato non quello che hai avuto".

I maggiori successi del cantante di Monfalcone, sono rivisti in chiave Jazz ed è un susseguirsi: "Cosa farò da grande", "Sassi", "Il mare, il cielo, un uomo", "Sapore di Sale", "Che cosa c'è", "In un caffè", "La gatta", "Fingere di te", "E m'innamorerai", "Un altro amore", "Vivere ancora", "Albergo a ore" (Herbert Pagani 1944-1988) "Il cielo in una stanza", "Una lunga storia d'amore", "Senza fine"; bis con "Quattro amici al bar"

Riprendendo il filo del ricordo e degli amici che non ci sono più, ha reso omaggio a Bruno Lauzi (1937-2006)"Ritornerai", Luigi Tenco (1938-1967)"Vedrai", “Il Nostro Concerto” Umberto Bindi (1932-2002).

Nota di colore della serata, la pioggia arrivata alle 22.30 che ha permesso al pubblico in platea, di avvicinarsi al palco per ripararsi, godendo in questo modo di una posizione privilegiata sino alla fine del live. Un pubblico disciplinato che ha saputo “dare” a Gino Paoli oltre che ricevere.

Organizzazione ineccepibile quella del Festival della Bellezza (IDEM).

Con il concerto di inaugurazione della stagione 2016/2017 del Teatro Ristori, il maestro Alberto Martini, nuovo direttore artistico del Teatro, ha da subito mostrato l'impronta che il ricco e variegato programma avrà nella stagione 2016/2017 e cioè "costruire un programma alternativo e complementare a quanto accade a Verona"

La nomina del maestro è arrivata a luglio 2016dalla Fondazione Cariverona, proprietaria del Teatro, che ha ratificato, in questo modo, la scelta fatta dalla società IES srl, società strumentale controllata da Cariverona, che si occupa della gestione del Teatro Ristori.

L'intento del maestro Martini è quello di dare una programmazione di ampio respiro, spaziando dalla musica sinfonica a quella da camera, da quella Jazz alla barocca con incursioni nella danza e nella prosa, cercando anche linguaggi alternativi e complementari.

Proprio con un concerto fuori abbonamento in prima esecuzione italiana del violinista e direttore d'orchestra Gidon Kremer, figura di primo piano del panorama musicale internazionale, e la sua Kremerata Baltica, è stata rappresentata la mission della stagione artistica del Teatro Ristori.

Il programma ha visto l'esecuzione, nella prima parte, della versione per violino, archi e percussioni di A. Pushkarev della Orphée suite di Philip Glass, la Fantasia in do maggiore D.934 di Franz Schubert nella versione di V.Kissine per violino e archi con solista Gidon Kremer.

 

Nella seconda parte di Modest Mussorgsky Quadri da (un’altra) esposizione (”Russia-faces and masks”), un progetto video comune di G.Kremer, M.Kantor e della Kremerata Baltica, con inserimenti di materiale video costituito da dipinti di Maxim Kantor.

 

I tre brani della seconda parte sono stati eseguiti senza interruzioni, per dare continuità al programma, e precisamente: di Pyotr Ilyich Tchaikovsky “Serenata malinconica” (versione per violino e archi di L. Desyatnikov), solista Gidon Kremer; di Modest Mussorgsky “Quadri da un’esposizione” (versione per archi di J. Cohen); di Valentyn Vasylyovych Sylvestrov “Serenata per violino solo” solista Gidon Kremer.

 

Le immagini coprotagoniste di un'esecuzione musicale, per dare un messaggio perchè "le immagini ispirano i compositori ed in un certo senso aiutano il pubblico a "comprendere" ciò che sta ascoltando", "...... non dobbiamo dimenticare che sono gli ascoltatori stessi che tendono a produrre immagini nella loro mente in reazione ai suoni che paiono stimolare qualcosa dentro di loro". I musicisti, pur nella neutralità della loro arte, non possono astenersi dall'influsso degli accadimenti sociali e politici e devono contribuire al mantenimento di una coscienza senza fornire risposte o soluzioni di sorta.

 

La Kremerata Baltica fondata nel 1997 da Gidon Kremer, ha come fine la promozione dei giovani musicisti talentuosi provenienti dall'area baltica, altro punto di incontro con il progetto del maestro Martini dell'Educationalmirato al coinvolgimento dei bambini e gli studenti di tutte le fasce di età, caratterizzato dalla collaborazione con la scuola e con il Conservatorio Dall'Abaco di Verona.

 

 

Una partenza che non può che stimolare al coinvolgimento anche di un pubblico giovane e che vedrà il prossimo appuntamento il 16 novembre con il primo concerto in abbonamento della Stagione Sinfonica con la violinista Alexandra Conunova vincitrice nel 2012 del Concorso Joachim di Hannover, premiata al Concorso Tchaikovsky nel 2015 e a cui è stato assegnato nel 2015 il Borletti-Buitoni Trust per le eccellenze musicali, che assieme a I Virtuosi Italiani presenterà un programma molto accattivante con musiche di E. Grieg, F. Mendelssohn Bartholdy, E. Chausson e N. Rota.

“Non so. Non saprei dire. L'etica? Non sono competente in materia”. Laura Morante non sa. Almeno una decina di “non so” alle domande del giornalista Beppe Muraro durante la presentazione della sua raccolta di racconti “Brividi Immorali”, esordio letterario dell'attrice e regista.

E' una Morante ironica e modesta, sincera e timida quella che incontra il pubblico di Bardolino in occasione della rassegna Parole Sull'Acqua 2018”.

Un'esordiente d'eccezione che sembra però non cavalcare la fama di diva del cinema né di regista di successo né quella di “nipote di” (Elsa Morante, ben più nota scrittrice d'eccellenza). Siede elegante e composta di fronte a un pubblico numeroso, curioso di lei, dei suoi tic nervosi, della sua voce morbida e graffiata insieme che racconta di un'infanzia trascorsa tra i libri, “unico svago nella provincia di allora”.

La pubblicazione è arrivata su insistenza dell'amica Elisabetta Sgarbi, direttrice della casa editrice La Nave di Teseo, che è diventata a un certo punto anche la lettrice di riferimento della Morante: “A differenza di molti scrittori, come Céline ad esempio, che per scrivere hanno bisogno di immaginare un lettore ostile, io ho avuto bisogno di pensare a un pubblico amico”.

Ridacchia, con un  secco e contenuto "ah-ah" e chiude il tentativo di parlare di sé e della sua opera. “Brividi Immorali” prende il nome da uno degli interludi contenuti nella raccolta: “Un titolo ironico, i brividi sono in realtà piccole trasgressioni quotidiane, piccole aperture che si squarciano e diventano abissi”.

E così non raccogliere gli escrementi del cane diventa una sfida con se stessi, con l'etica, con ciò che è giusto e accettabile, innescando una divertente lista di future trasgressioni:

“E ora si aprono prospettive infinite.

Abbandonare sulla spiaggia un sacchetto di plastica.

Farsi strada sgomitando per arrivare tra i primi al buffet.

Corteggiare i potenti.”

[…]

La Morante scrive inconsapevole di aver trattato il tema della conciliazione della moralità con le proprie aspirazione e pulsioni, non sa individuare le influenze né si dimostra interessata a parlare delle nomination a David di Donatello e Nastri d'Argento.

Scrive però con due certezze: voler trattare le parole come musica, decidendo di dare una denominazione musicale ai racconti più brevi, aperti e chiusi dai pentagrammi di Nicola Piovani, e restituire la realtà con sincerità, con l'onestà di chi ricerca l'aggettivo giusto per giorni e giorni.

Non per perfezionismo maniacale bensì per rendere onore all'arte, “citando Cechov: si può ingannare la gente, persino Dio ma nell'arte non si può mentire”.

L'autrice chiarisce di aver trattato i racconti e gli interludi come dei ritratti dal vero, per quanto possano risultare surreali e lontani da una riproposizione naturalistica, lasciando libero sfogo all'attitudine del voler ascoltare più voci, di voler guardare la scena da più punti di vista: “Una questione di prospettiva, che ho cercato di rendere evidente diversamente dalla semplice economia dello sguardo e usando il filtro dell'ironia”.

Una Laura Morante diversa da quella che in molti si aspettavano: apparentemente altezzosa, troppo francese per essere italiana, si dice. Una grande che vorrebbe scomparire dietro alle parole scritte: “Amo la narrazione stratificata, in questo senso gli interludi hanno una scrittura meno egocentrica”, spiega.

Soprattutto nell'ultimo racconto (Controvoglia) le sembra di aver centrato l'obiettivo: lasciare che il racconto si componesse da solo, che la realtà apparisse evidente senza doverne scrivere.

Ma sono gli interludi i suoi preferiti: “Se potessi, scriverei solo haiku. Gli interludi mi hanno permesso una prosa musicale, con pari attenzione a senso e musica”.

Si tocca i capelli, ridacchia breve, sorride: “scrivere è stato un gesto temerario ma amo sfidare la mia natura di fifona”.

Eppure la Morante non teme il giudizio e stupisce ammettendo di preferire un buon libro a un buon film. Niente di autobiografico in Brividi immorali” perché tutto è autobiografico.

 

Prova disagio a un riporto cosciente del proprio vissuto e confessa di essere il giudice più severo di se stessa: “Ho paura di scrivere cose che non piacciano a me. Quando non piace a me, nessuna lode può compensare.”

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